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Elaborazione del lutto a Brescia

Elaborazione del lutto

L’elaborazione del lutto ha una valenza affettiva che si riscontra sotto il concetto generale di perdita. L’individuo si sente isolato e depotenziato a seguito della mancanza che viene ingenerata dalla figura di un familiare caro, di un partner o di una persona che ha nel tempo rivestito un ruolo chiave nella vita del soggetto. Il processo psico-emotivo ha un forte impatto esistenziale sull’immagine che il paziente ha di sé, a prescindere dal tipo di lutto che viene affrontato.

Non è raro affrontare uno stato individuale tanto sofferto e invalidante anche a seguito di un licenziamento, della morte di un animale domestico o in caso di un divorzio e/o separazione. In questa mini-guida abbiamo scelto di raccogliere le informazioni più importanti in merito alla comprensione di una patologia così comune e frequente. La psicologia ha studiato da oltre un secolo il sentimento che passa sotto il nome di lutto, allo scopo di comprenderne le dinamiche traumatiche e svilenti per il paziente.

Scegliendo di trovare una risposta alle domande che ogni interlocutore si pone prima di affrontare un percorso di recupero affettivo, vogliamo creare una via di accesso privilegiata da cui partire alla scoperta di Sé e dell’Altro rispettivamente al concetto più generale di perdita: ecco cosa sapere.

Lutto: cos’è e a quali aspetti della vità può fare riferimento?

Prima di comprendere le fasi di elaborazione di un lutto, è necessario interrogarsi sull’essenza più intima di questo disturbo. Quali sono i motivi che possono ingenerare un tale affossamento emotivo?

  • la morte di una persona che riveste importanza essenziale nella vita del soggetto;
  • cambiamenti radicali nella routine dell’individuo: licenziamento, trasferimento in un Paese straniero o in una città mai visitata prima e così via;
  • l’abbandono di un luogo interno, la chiusura in una prospettiva con conseguente perdita della propria immagine sociale;
  • la mancanza di accettazione di un fallimento sia relazionale che familiare, professionale oppure emotivo.

Sintomi di un lutto: quali sono?

Le prime descrizioni della sintomatologia post-lutto vengono consegnate alle stampe nel 1944 da Lindemann. Al giorno d’oggi, esse vengono ancora impiegate dai professionisti per cercare di individuare l’ampio range diagnostico che permette di comprendere lo status individuale del paziente. Tra le ricerche messe a punto dallo psichiatra, ricordiamo:

  • disturbi somatici di vario tipo; tendenza a replicare e a fare propri i comportamenti o gli stati d’animo immediatamente precedenti alla morte del defunto;
  • relazioni ostili e sotto il segno del sadismo o dell'aggressività;
  • perdita di comprensione degli stimoli provenienti dal mondo esterno: l'individuo subisce un ripiegamento su sé stesso, perdendo interesse per ciò che proviene da fuori;
  • sensi di colpa e conflitti masochistici in merito alla morte della persona o alle circostanze contingenti all'evento.

Il lutto si accompagna inoltre a stati di shock, incredulità, incapacità di razionalizzare la scomparsa dell’oggetto amato e disperazione disorganizzata. La percezione dell’essere umano si sfalda lentamente, ingenerando un circolo vizioso in cui - lo shock traumatico - fa da padrone.

In ogni caso, scegliere di affidarsi alla competenza di un professionista accreditato permette di diagnosticare ad hoc le cause scatenanti della perdita (eziologia del lutto) e la storia che ha portato il soggetto a essere tanto esposto affettivamente (anamnesi del caso.)

Le fasi del lutto: come superare la perdita?

Per comprendere nello specifico le fasi post-lutto è necessario risalire indietro al 1982, anno in cui Bowlby dedica alcune preziose pagine di psicopatologia alle evidenze diagnostiche studiate nei suoi pazienti. Secondo il medico londinese, l’essere umano è portato ad attraversa queste quattro condizioni debilitanti.

La prima fase si evolve sotto il segno della disperazione e della mancanza di lucidità mentale. L’individuo è portato a protestare mentalmente contro l’ingiustizia della perdita e diviene incapace di convogliare altrove le sue energie psichiche. Il risultato è un rifiuto del lutto che può avere gradi e intensità differenti.

Il secondo step implica un desiderio spasmodico dell’oggetto d’amore: il paziente brama ardentemente i caratteri peculiari di ciò che è ormai una mancanza. Spesso - qualora il mondo esterno non sia in grado di soddisfare tale esigenza - è il soggetto stesso a incorporare e a <<teatralizzare>> le caratteristiche del defunto.

A seguito di un processo di lenta realizzazione - che può durare pochi mesi o anni - si ingenera una fase di forte disperazione. L’essere umano comprende che nulla tornerà come prima: ne conseguono svilimento e status depressivi.

Infine, sopraggiunge il primo tentativo di riorganizzazione, durante il quale gli aspetti più acuti della sofferenza cominciano a ridursi progressivamente e la persona afflitta comincia ad avvertire un ritorno alla vita. Quest’ultimo si esplica sotto forma di un interesse crescente per il mondo esterno e per le sue possibilità sperimentative e progettuali.

Elaborazione del lutto: quando affidarsi a uno psicologo?

Per natura l’essere umano è portato ad accettare e a superare in totale autonomia la morte di una persona cara; quando il soggetto si trova nella condizione di dover affrontare un lutto di forte intensità, però, si corre il rischio di non riuscire ad entrare nello stato di accettazione che viene descritto da Bowlby. Se il tono dell’umore non tende a ristabilirsi pienamente - o se l’essere umano continua a somatizzare la mancanza in modo particolarmente brusco - può essere necessario l’intervento di un professionista che sappia consigliare il soggetto allo scopo di scardinare gli schemi mentali che portano alla sofferenza.

In che modo? A seconda della tipologia di attaccamento è necessario predisporre un piano terapeutico che sappia agevolare il disinvestimento affettivo ancorato all’oggetto d’amore. In altre parole, l’individuo dovrebbe essere in grado di riportare le energie ancora investite sul defunto alle attività della sua vita quotidiana. Abbandonare un lutto, di conseguenza, significa modificare le credenze che motivano la sofferenza, normalizzando la propria esistenza e creando una nuova routine nell'ottica dell'accettazione. Lo stato di cose non può variare, ma può cambiare il modo in cui il soggetto è in grado di approcciarsi alla vita.

Il terapeuta ha lo scopo di trasformare il ciclo di negatività in cui il paziente è precipitato in un nuovo slancio vitale con cui affrontare la quotidianità. Il disturbo è spesso conosciuto sotto il nome di lutto patologico - codificato nel Manuale Diagnostico DSM 5 sotto la voce delle patologie dell’adattamento - e richiede un intervento di counseling da cui partire per evitare un vortice di peggioramento tale da ingenerare depressioni e conseguenti terapie di natura farmacologica. In linea generale, il soggetto dovrebbe sottoposti a consiglio specialistico nell’arco di due o tre mesi dal momento dell’evento scatenante, così da riuscire a controllare in misura ancora maggiore lo schema mentale che provoca solitudine, estraniazione e angoscia.

Elaborazione del lutto: riflessioni e conclusioni

Quando la fase acuta di sofferenza inizia a perdere la sua carica affettiva, si entra nella fase che - a livello medico - viene conosciuta come lutto integrato. Durante questo step la persona inizia a riprendere in mano le sue attività quotidiane, cercando di trarre giovamento dai momenti in cui il dolore inizia a diminuire lentamente, lasciando spazio alla consapevolezza della perdita inevitabilmente subita.

Ciò non vuol dire che il defunto finisce per annullare la sua influenza sulla mente dell’essere umano: il tentativo è quello di integrare la solitudine in un’ottica di accettazione, comprensione e slancio vitale. Il motore del cambiamento risiede nella connessione che si instaura fra il paziente e la realtà, nuovamente motivo di interesse, curiosità e progettualità. Il futuro torna ad avere tratti più definiti, mentre il senso di oppressione lascia spazio a un recupero graduale del tono dell’umore, della routine psicofisica e del controllo sulla propria esistenza.

Avere dei momenti di down emozionale è assolutamente normale nella fase di lutto integrato: per questo motivo, gestire le sedute terapeutiche in modo tale da allontanarsi gradualmente dalla figura dello psicologo, è un buon modo per evitare crisi aggiuntive. Spesso il rischio è di lasciare andare il terapeuta in maniera troppo selettiva, per poi ricadere in un vortice di rassegnazione e di fallimento da dover gestire nuovamente in analisi. Procedere con cautela è il primo passo da compiere per tornare a guardare alla vita con nuova forza, consapevoli della mancanza e della solitudine connessa all'elaborazione di un lutto.


Articolo a cura della dottoressa
Alessandra Zomparelli
Psicologa e Psicoterapeuta a Brescia

Dott.ssa Alessandra Zomparelli
Psicologa e Psicoterapeuta a Brescia
Iscritta all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Lombardia n. 5620 dal 17/05/2000
Laurea in Psicologia Clinica

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